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Mimmo Cavallaro Miriju Cd
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Spiega Mimmo nella presentazione del suo lavoro: «Sono contento di questo disco che arriva dopo sette anni dall’uscita di Calanchi. I brani rappresentano una successione di sensazioni ed emozioni connessi a personaggi, storie della mia infanzia e luoghi che parlano di quella piccola parte di Calabria che ho vissuto con la mia famiglia. Lo spopolamento e l’abbandono lasciano segni indelebili nell’anima di chi ne ha vissuto i profumi, i suoni e i momenti; contadini e pastori che ne hanno rispettato e amato ogni essere e ogni cosa».
Miriju nel dialetto calabrese significa, osservare. E l’artista, calato nella veste di un moderno cantastorie, racconta in chiave moderna la sua infanzia e la sua terra. Nei 12 brani che compongono il lavoro c’è la voglia di non fermarsi a una unica narrazione, ma contaminarla in modo da avere più versioni, arricchendola con altre voci: c’è Davide Van de Sfroos nell’unica canzone cantata in italiano, Una Storia mille Storie, Antonella Ruggiero in una commovente Ninna Oh, il rapper Kento, al secolo Francesco Carlo, in Miriju brano che dà il titolo all’album, sintesi di quello che Cavallaro da direttore artistico del Kaulonia Tarantella Festival si prefigge, ovvero la commistione tra generi per “fortificare” (e sperimentare con) la musica popolare. E ancora, il violinista Jamal Oassini (della Tangeri Café Orchestra) in Giamba u Violinista, il compaesano Marcello Cirillo nella giocosa Tarantella di lu Sciorru
Tra chitarra battente, ciaramelle (i flauti), i tamburi a cornice e la lira calabrese la musica arriva dritta al cuore e alle gambe. È una musica fatta per danzare, è quell’atmosfera popolare che accomuna tutti senza distinzione di censo, lavoro, idee politiche, l’unico posto dove puoi dire che la condivisione è reale non costruita.
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